Nicola Palmisano

QUANTO RESTA DELLA NOTTE ?
Analisi e sintesi del medioevo novecentesco all’alba del 2000

Prefazione di Gaetano Bellorio
Presentazione di Sabino Palumbieri

LAS-R0MA 1994, collana Spirito e Vita

Quanto resta della notte

L’obiettivo di rendere il Realismo Dinamico accessibile ad un pubblico vasto è in buona parte raggiunto i questo bel libro, che sa affrontare in un linguaggio accessibile, ma rigoroso una tematica filosofica complessa.

… C’è una nervatura nascosta che soggiace a questo scritto : il padre di Nicola: Egli funge da sottilissimo motivo che lega impercettibilmente lo snodarsi del racconto; è scelto come “ponte” che unisce due modi di vivere -in due tipi di società- apparentemente simili,in realtà radicalmente diversi. Il padre segna il punto di discontinuità fra due epoche. Una discontinuità irriflessa anche se palpata la cui eredità viene lasciata in toto al figlio – Nicola – che saggiamente si incarica di non dissiparla, all’opposto la valorizza,incastonandola in un disegno che “salva” i beni che una generazione lascia sempre all’altra: pericolo oggi reale che le generazioni presenti brucino ciò che di diritto spetta a quelle future.
Lo scambiare quest’ eredità generazionale con un problema di “sviluppo sostenibile” o con una questione puramente ecologica , sarebbe il massimo degli errori. Per l’ennesima volta si prenderebbe la “parte” per il “Tutto” con esiti disastrosi . E se questo scambio oggi risulta evidente ed evidente la sua negatività, non così agevole appare definire ” che cos’è il tutto “, il Tutto che ha l’incombenza di salvare le anche le “parti”- gli uomini, i singoli problemi, le questioni quotidiane – senza aspettare il Paradiso : giacchè la salvezza pur mutevole e incompleta , deve iniziare fin dall’esistenza , dal momento in cui nostra madre partorendoci ci ha catapultati nella Storia.

C’è una salvezza terrena materiale e spirituale nel contempo- questo ci dice Nicola- che è irresponsabile e peccaminoso disattendere. Che è, sì l’attualizzazione dell’ “ama il prossimo tuo” – il tema della solidarietà e della pace sono ricorrenti nel testo- ma sviluppato attraverso un amore di tipo nuovo, di marca diversa.
Come dire che la stessa carità ha due facce : il soccorso allo sventurato preda dei ladroni- e sovente la storia è ladra , ruba umanità -amore diretto del simile al simile; e il soccorso ad una Storia deviata che permette, o assume, il ladrocinio : amore indiretto del simile al “dissimile”.

Ma se l’amore del Samaritano è esperienza comune di tanti cristiani e di altrettante organizzazioni , quello di secondo grado, indiretto – che ha la premura di incanalare la società al bene, dimodochè anche la carità sia naturale e non frustrata dall’indifferenza dei precedenti viaggiatori – è esperienza di assenza e di vuoto, cui non è alieno anche il degrado della politica al quale oggi si assiste.

C’è amore e amore, come c’è medicina e medicina. Un conto è il medico che cura il malato, altro è il ricercatore preoccupato di capire il difetto genetico per correggerlo. Noi cristiani rassomigliamo a tanti medici di condotta. Sovente curiamo i mali con additivi chimici e non ci importa del germe che li produce, dell’habitat dove prolifera, dell’humus nel quale nidifica.

Certo amare dal chiuso di un laboratorio, in anonimia , con sulle spalle la soma del giudizio di chi dice ” meglio il fare “, non è gratificante né porta a soddisfazioni umane, al brivido del volontario che sfreccia sull’ambulanza e raccoglie i feriti in autostrada. Ma è un’omissione grande ,le cui omissioni ormai sono sempre più vistose e incalcolabili.
L’amore di secondo grado , ontologico – quello che ama l’ente in quanto ente poiché creatura – ama tutti gli esseri secondo gradienti e modalità diversificate. E’ completo; non sottrae e non esclude nulla dal suo orizzonte e ama l’uomo posizionandolo nella sua luce creaturale di parte di un Tutto storico-cosmico, analogo al Corpo Mistico: ” …chi perderà la sua vita la salverà”.
Certo non è un amore fatto di carezze e di baci tangibili,non si vede, non dà quello che usualmente è chiamato piacere, ma penetra cento volte di più e genera infiniti figli. Parte dalla carne,dalla sensibilità e assurge a vette di razionalità che conquistano la carne dal profondo e dall’alto. E’ la “ragione che ama “, l’amore razionale,che si sveste di ogni sentimentalismo – non del sentimento – e perciò ascolta e testimonia la voce delle cose come Dio le ha create per condurle al loro fine archetipo attraverso un’illuminazione che è compito dell’uomo in quanto umano.
Umanizzare altro non è che un lavoro da minatore,da cercatore d’oro,il cui piccone sterra i tesori nascosti nella viscere del mondo,il cui acetilene riverbera sull’oro che vi è nascosto. E’ un lavoro educativo, in senso letterale, che separa le scorie, che toglie il velo che copre le cose ,le realtà,qualsiasi esse siano. Come un buon maestro che nulla aggiunge ma tutto predispone per la crescita dell’allievo, altrettanto il filosofo metafisico.

 

Don Nicola Palmisano Taurisano ( Lecce ) 9/11/1940 – Roma 20/01/1993
Ordinato sacerdote il 22 dicembre 1968 in Santeramo, iniziò la sua dinamica vita missionaria tra i giovani.
Fu prima incaricato dell’Oratorio di Taranto/don Bosco e poi dal 1973 al 1986 a Foggia – S. Cuore: sono gli anni delle sofferte e coraggiose scelte.
Precorrendo i tempi , fondò con altri confratelli e coinvolgendo numerosi laici, la Comunità sulla strada di Emmaus ,per il recupero dei giovani in difficoltà: un’opera che gli farà onore e rimarrà tra le su più belle realizzazioni, anche se lo debilitò non poco.
Nel 1987 l’obbedienza lo portò a Napoli in qualità di direttore dell’istituto Don Bosco, un’opera salesiana per il disagio giovanile e il disadattamento. Per due volte lo abbiamo visto a Uno Mattina battersi per il Centro,chiedendo aiuto e comprensione alle autorità per quei giovani poveri violati nei loro diritti. A causa del suo precario stato di salute nel 1990 fu destinato alla casa di Santeramo, ma nella nuova sede non pensò a riposarsi, anzi si prodigò in attività di predicazione e conferenze e fu lievito e animatore dei Cooperatori, degli Exallievi e di altre associazioni e gruppi tra cui il MID ( Movimento per l’Ideoprassi Dinontorganica ) di cui fu responsabile nazionale.