I discorsi di Benedetto XVI per l’università 

orizzonti

Competenze diverse per giungere a una verità tutta intera 

di Mauro Mantovani

A distanza di poche settimane dalla chiusura del vi Simposio europeo dei docenti universitari, tenutosi a Roma sul tema “Allargare gli orizzonti della razionalità. Prospettive per la filosofia”, è stato appena pubblicato dalle Edizioni Paoline un piccolo volume di Lorenzo Leuzzi dal titolo Allargare gli orizzonti della razionalità. I discorsi per l’Università di Benedetto XVI (Cinisello Balsamo, 2008, pagine 110, euro 9). Si tratta di un filone di riflessione relativo alla necessità e urgenza dell’allargamento degli spazi della razionalità, sia nell’ambito della cultura popolare e diffusa, sia nel campo delle ricerche più elaborate e riflesse, tema particolarmente caro al magistero del Papa, caratterizzato anche dalla riproposizione convinta di “una prospettiva di fede che sia “amica” dell’intelligenza”.
È questa una vera e propria sfida per l’attuale contesto culturale, nel quale “la società – come scrive l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione della Dottrina della Fede, nella prefazione del volume – richiede un nuovo investimento di energie intellettuali per evitare che la ragione perda definitivamente ogni contatto con la realtà, dirigendosi verso mete sempre più astratte e prive di significato per la vita dell’uomo, e la fede, libera dalle esigenze della ragione, si trasformi in un’esperienza soggettiva priva di ogni valenza ontologica” (pagina 7).
L’autore del saggio, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma, offre un meditato commento ad alcuni dei principali interventi di Benedetto XVI nei suoi incontri con il mondo universitario, ponendo nella seconda parte del volume i testi del suo discorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma, 25 novembre 2005), del discorso durante l’incontro con i rappresentanti della scienza tenuto all’Università di Regensburg (12 settembre 2006), del discorso ai partecipanti all’incontro dei rettori e docenti delle università europee (Roma, 23 giugno 2007) e dell’allocuzione per l’incontro all’università La Sapienza (che era prevista il 17 gennaio 2008).
In tutte queste occasioni, ma si potrebbero aggiungerne diverse altre – come per esempio il discorso tenuto al Convegno ecclesiale nazionale di Verona il 19 ottobre 2006 , l’angelus del 28 gennaio 2008 e il discorso tenuto all’Università Cattolica di Washington lo scorso 17 aprile in occasione del viaggio negli Usa – il Papa ha parlato esplicitamente dell’urgenza di coltivare una razionalità che mantenga desta la sensibilità per la “verità totale” e – non rinunciando a “orizzonti ampi” – si metta alla ricerca del vero, del bene e di Dio senza ridursi alla sfera dell’interesse e dell’utilità.
Solo all’interno di un orizzonte ampio, infatti, la ragione trova uno spazio in cui, per così dire, “respira” e può esprimere il meglio di sé: “È di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme” (Verona, discorso del 19 ottobre 2006).
Il testo di Leuzzi, attraverso la trattazione di queste tematiche, ben si colloca all’interno della celebrazione del primo decennale della pubblicazione della Fides et ratio di Giovanni Paolo ii (14 settembre 1998-2008), evento che vedrà nel prossimo autunno diverse iniziative culturali organizzate in varie università pontificie. In un brano in verità finora non molto notato e commentato di quell’enciclica, Giovanni Paolo ii afferma: “Facendo mio ciò che i Sommi Pontefici da qualche generazione non cessano di insegnare e che lo stesso Concilio Vaticano ii ha ribadito, voglio esprimere con forza la convinzione che l’uomo è capace di giungere a una visione unitaria e organica del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico nel corso del prossimo millennio dell’era cristiana. La settorialità del sapere, in quanto comporta un approccio parziale alla verità, con la conseguente frammentazione del senso, impedisce l’unità interiore dell’uomo contemporaneo” (n. 85).
L’assunzione di questo compito così attuale può diventare efficace e fruttuoso, segnala il volume di Leuzzi, solo attraverso una visione “sapienziale” del sapere, superando i vari riduzionismi, a partire sia da quello di un concetto sprezzante e autosufficiente della conoscenza – quasi che la razionalità sia ancorata soltanto alla pura e semplice sperimentazione – sia da una concezione soggettivistica e relativistica di razionalità. Visione sapienziale significa infatti una prospettiva unitaria, integrata, che distingue le diverse competenze della scienza, della filosofia e della teologia, ma insieme sancisce che la conoscenza umana è naturalmente aperta verso il tutto, perché direzionata all’essere e alla verità “tutta intera”.
Non mancano in questi anni significative esperienze presso varie università romane, quali per esempio le attività del Progetto Stoq (Science and Theology and the Ontological Quest), il Disf (Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede), le aree di ricerca Sefir (Scienza e Fede per l’Interpretazione del Reale) e Lers (Lògos, Epistème, Ratio e Scientia), tra le altre, che si muovono proprio in questo ambito interdisciplinare.
Ed è proprio in questo contesto che la filosofia, come disciplina che assume quello sguardo sul reale che in profondità fa convergere in unum quanto acquisito dalle sue varie discipline e dai vari dati provenienti dalle altre scienze, si trova particolarmente a suo agio lì dove la ragione si rivolge verso la realtà sia sotto l’aspetto della sua universalità (“tutto”) sia sotto quello della diversificazione: tutta la realtà si offre infatti “in compito” all’uomo e alla sua ragione nell’aspetto della verità, e l’uomo realizza se stesso mediante la sua conoscenza.
Particolare pregio del volume di Leuzzi è anche la segnalazione – in linea con i contenuti principali dei discorsi sopra citati – della particolare sintonia, affinità, esistente tra il cristianesimo e la filosofia, evidenziando quella connessione tra esse che è non solo esteriore ma è intrinseca, proprio in riferimento al tema del Lògos. È l’originalità cristiana di essere la religione del Lògos, un Lògos fatto carne, storia, a porre il cristianesimo nella condizione migliore per poter comprendere e servire la nuova realtà storica, promuovendo, insieme con un’autentica dimensione progettuale, il vero allargamento della razionalità.
In questo senso anche oggi, forse più di ieri, le condizioni ci sono affinché il rapporto tra fede e ragione possa tornare a essere vitale, come lo era alle origini del Cristianesimo, senza confusione e senza identificazione. Si può comprendere allora l’auspicio rivolto già anni fa dal teologo Joseph Ratzinger – come nota Leuzzi – affinché Atene e Gerusalemme si incontrassero di nuovo. Riflettendo “dal di dentro”, infatti, sul mistero della fede, come atto specifico della fede cristiana, oggi è proprio questa “razionalità allargata” che può evitare che essa si trasformi in una “gnosi” sia di tipo fideista sia di tipo razionalista.
Ecco allora che, afferma ancora l’autore, proprio “il cristianesimo è chiamato a svolgere un servizio identico a quello offerto ai suoi albori. Se nei primi secoli ha portato a compimento – purificando e valorizzando – la riflessione e il cammino dell’uomo attraverso l’annuncio che il Lògos è il Verbo, che la razionalità del reale trovava il suo fondamento nel Verbo incarnato, oggi il cristianesimo deve portare a compimento, con la stessa passione per il servizio, la riflessione e il cammino dell’uomo posto in modo più drammatico non di fronte al mondo naturale, ma a quello storico-dinamico, ossia a quella grande e meravigliosa realtà che segna il passaggio dall’homo faber all’uomo costruttore.
A questo punto dell’itinerario si può comprendere il vero senso dell’invito del Papa ad allargare gli orizzonti della razionalità. Non si tratta di ritornare alle antiche dispute sul rapporto tra fede e razionalità scientifica, oppure tra fede e razionalità etica, ma di avviare una nuova riflessione circa la razionalità della prassi” (pagine 36-37).
Nel percorrere questa via – ed è quanto auspica questo saggio, suggerendo alcune prospettive concrete di cammino – si potrà rimettere a fuoco anche la responsabilità storica del cristianesimo, la sua unicità e distinzione rispetto a ogni altra esperienza religiosa, il suo ruolo a servizio della “rinascita” della filosofia e della teologia, nel contempo mettendo in pratica quella carità intellettuale che – come ha affermato Benedetto XVI a Washington – sola “sostiene l’essenziale unità della conoscenza contro la frammentazione che consegue quando la ragione è staccata dal perseguimento della verità”. Così, mentre l’enciclica Fides et ratio a dieci anni dalla sua pubblicazione mostra in questo senso la sua immutata attualità, anche la continuità tra l’insegnamento di Giovanni Paolo ii e Benedetto XVI non si limita alla riproposizione delle stesse formule, ma stimola anche ad affrontare le nuove sfide.